Dopo l’emergenza migranti, i porti chiusi, i rom e il fascismo che non c’è, il ministro degli interni Matteo Salvini ha iniziato a parlare della droga come emergenza nazionale ha annunciato una guerra contro i negozi che vendono la cannabis legale, che con la droga non centrano nulla. E sembra essere l’ennesima mossa per distogliere l’attenzione dal caso Siri e per creare un nuovo attrito con il M5S che avevano proposta l’autocoltivazione della cannabis. Ma la presa di posizione del Ministro dell’Interno è tutto fumo…negli occhi. Vediamo cosa è successo.
È successo l’8 maggio, al termine di un incontro con i rappresentanti di alcune comunità di recupero dei tossicodipendenti. “Darò indicazioni a tutti i responsabili delle forze dell’ordine – ha dichiarato Salvini – di andare a controllare tutti i negozi, i presunti negozi turistici di cannabis, che per quanto mi riguarda vanno sigillati dal primo all’ultimo perché sono un incentivo allo spaccio e all’uso di sostanze stupefacenti. Ce ne sono più di mille al di fuori di ogni regola e di ogni controllo. Io non aspetto i tempi della giustizia, la droga è un’emergenza nazionale devastante e dunque dobbiamo usare tutti i metodi democratici per chiudere questi luoghi di diseducazione di massa. Ora usiamo le maniere forti”. Inoltre, aveva annunciato la chiusura da parte del questore di Macerata Antonio Pignataro di due negozi ai quali erano stati sequestrati 25 prodotti che superavano il limite stabilito dalla legge.
Droga come emergenza nazionale
La sera stessa, durante la trasmissione Otto e mezzo condotta dalla giornalista Lilli Gruber, Matteo Salvini aveva rincarato la dose. “La droga fa male. La ministra Grillo ha detto che in un cannabis shop non si vende droga? No, si vendono margherite e la torta pasqualina che faceva mia nonna. L’emergenza nazionale è la droga, non il fascismo. Preferisco combattere gli spacciatori’, aveva detto il Ministro dell’Interno in risposta al commento del ministro della Salute Giulia Grillo: “Non bisogna dare informazioni sbagliate, perché nei canapa shop non si vende droga. Se per caso come ministro dell’Interno è in possesso di informazioni che io non ho, e questo è pure possibile, chiaramente allora bisogna fare altro ordine di considerazioni“. Al commento di Salvini sulla cannabis legale si è aggiunta anche la voce del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte che ha messo un freno alle dichiarazioni di Salvini: “Ho un’agenda con un’ordine del giorno molto fitto, questo non è all’ordine del giorno”. E anche quello del Ministro del Lavoro e vice premier Luigi Di Maio: “Dire di essere contro la droga è come dire di essere per la pace nel mondo, siamo tutti d’accordo.Più controlli fa meglio è, nessuna volontà di non sostenere il ministro dell’Interno nella lotta alla droga. Controlli, per carità, e immagino anche lotta alla mafia”.
Cosa c’entrano i grow shop con la lotta alla droga?
In realtà, l’invettiva di Salvini non si è scagliata contro la droga, ma contro i negozi che vendono la cannabis legale (così detta cannabis light), venduta on centinaia di negozi (grow shop), circa 700, sparsi sul territorio nazionale. E tutti vendono prodotti legali in virtù della Legge n. 242/2016, che promuove la coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa. Infatti, la legge consente la vendita delle infiorescenze di canapa con un livello di THC entro lo 0,2% e mai oltre lo 0,6%. Quindi, non c’è nessun legame tra la lotta alla droga e le attività commerciali che rispettano i termini di legge.
La circolare del Ministro…che non dice niente di nuovo
Nella direttiva inviata dal Ministero dell’Interno, si evidenziano quei concetti già espressi nella legge n.242/16, cioè la coltivazione solo di varietà ammesse, la produzione dei prodotti elencati nella stessa legge, ma evidenziando il fatto che tra le finalità della coltivazione della canapa industriale non è compresa la produzione e la vendita al pubblico delle infiorescenze, citando alcune sentenze della Corte di Cassazione ma ignorando la sentenza della Corte di cassazione (sez. VI, 28 novembre 2018), che si era discostata da un suo precedente orientamento e che aveva considerato “legittima la commercializzazione al dettaglio della c.d. cannabis light, proveniente dalle coltivazioni contemplate dalla legge n. 242/2016 e recante un quantitativo di THC (tetraidrocannabinolo)inferiore alla soglia dello 0,6%”. In sostanza, Salvini ha chiesto ai prefetti di intensificare i controlli dei negozi che vendono cannabis light svolgendo le analisi dei prodotti. Inoltre, è proprio la legge 242/16 che consente indirettamente la commercializzazione della cannabis light. Infatti, l’obiettivo della legge è quello di sostenere e promuovere la filiera della canapa. Per filiera s’intende l’insieme articolato he comprende le principali attività , le tecnologie, le risorse e le organizzazioni che concorrono alla creazione, trasformazione, distribuzione, commercializzazione e fornitura di un prodotto finito. Ed è proprio il concetto di filiera che consente la commercializzazione delle infiorescenze di canapa con un livello di THC fino allo 0,2%e mai sopra lo 0,6%. Ma è bene specificare che la commercializzazione delle infiorescenze di canapa è solo uno dei tanti prodotti a base di canapa venduti nei negozi, i quali svolgono anche un’attività di informazione e sensibilizzazione sulla canapa, ancora vittima di tabù e pregiudizi decennali.