La deputata Beatrice Lorenzin ha chiesto a Matteo Salvini di chiudere i negozi che vendono cannabis light.
Ieri, 3 luglio, la deputata del Gruppo Misto della Camera dei Deputati Beatrice Lorenzin, è intervenuta durante il Question Time nel quale era presente il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, chiedendogli cos’abbia intenzione di fare rispetto ai negozi che vendono cannabis light.
Ecco parte del testo del suo discorso (la versione integrale del resoconto stenografico della seduta del 3 luglio 2019 può essere visionata qui):
Per quanto riguarda la questione degli shop che vendono la cosiddetta cannabis light, lei stesso ha affermato in più occasioni l’intenzione di chiudere questi shop e che fossero shop che incentivano ad una normalizzazione dell’uso di sostanze. Il 30 maggio scorso, le Sezioni riunite della Corte di cassazione hanno sentenziato che non è possibile, di fatto, commercializzare al pubblico, sotto qualsiasi titolo, prodotti derivanti dalla coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante, e su questo ci sarebbe molto da dire. È più di un anno che noi abbiamo nel nostro territorio nazionale dei negozi che vendono marijuana light senza che questo Parlamento lo abbia deciso, senza che ci sia una regolamentazione, senza che nessuno ne abbia discusso. Questi prodotti vengono venduti senza alcun limite di quantità a bambini, donne incinte, a persone in qualsiasi condizione di salute e anzi viene propagandata come una cosa che fa bene. Più di un anno è passato e vorrei sapere che cosa si intende fare.
Cosa ha risposto Salvini?
Lo sviluppo del mercato della cosiddetta canapa legale è stato reso possibile grazie alla legge n. 242 del 2016, approvata dalla maggioranza di centrosinistra, ovviamente. Tale normativa ha consentito il proliferare nelle nostre città di punti vendita al dettaglio, cosiddetti cannabis shop, di prodotti a base di canapa. I rischi per la salute sono evidenti e resi evidenti anche dal Consiglio superiore della sanità; sono emerse, da tali attività, specifiche criticità sulle concrete modalità di vendita al dettaglio di alcuni prodotti, che sarebbero teoricamente da collezione, la qual cosa fa ridere chiunque viva su questa terra. Aggiungo che sulla materia è intervenuta, come lei ricordava, una pronuncia della Corte di cassazione a Sezioni unite. Ritengo, dunque, necessario che, accanto all’intensificazione dei controlli sulla crescente rete dei cannabis shop, dal mio Ministero dell’Interno richiesta a tutte le prefetture italiane, e in alcune province italiane siamo arrivati a presenza zero grazie ai controlli delle autorità del posto, è ovvio che deve essere affrontata con rigore e tempestività anche l’adeguatezza della legge del 2016 – e, a tal fine, mi rivolgo a codesto Parlamento – al fine di eliminare ogni cono d’ombra o possibili spazi per attività che favoriscano lo spaccio o il consumo di sostanze stupefacenti. […] Quindi, al Ministero stiamo, tramite le prefetture, dando ogni disposizione perché venga rispettata la sentenza della Cassazione. Da questo Parlamento mi auguro un intervento che metta fine alle ambiguità interpretative della legge del 2016.
Sebbene la battaglia di Matteo Salvini contro i negozi che vendono cannabis light sia conosciuta, nemmeno la deputata Beatrice Lorenzin è nuova ad esternazioni politiche contro il mercato italiano della cannabis light.
Il 22 giugno 2018, Beatrice Lorenzin, ex Ministro della Salute, è intervenuta ai microfoni del programma radiofonico Legge o Giustizia condotto da Matteo Torrioli su Radio Cusano Campus per parlare della cannabis light. In quell’occasione aveva detto che la cannabis light “crea una cultura dell’uso della cannabis ad uso ricreativo. La cannabis light è l’anticamera per legalizzare un domani, la cannabis in generale”.
Precisazioni
Come abbiamo già raccontato, la Corte Suprema della Cassazione a Sezioni Penali Unite, non ha proibito la vendita della cannabis light perché questa sostanza è priva dell’efficacia drogante, un termine usato dalla Corte Stessa. I prodotti venduti nei growshop rispettano il limite del THC dello 0,5%, limite fissato da una circolare dello stesso Ministero dell’Interno e visionarie qui.
Nei prodotti contenenti un livello di THC inferiore allo 0,5% sono espressamente indicati i limiti di vendita e tutti i prodotti rispettano la normativa sugli stupefacenti internazionale ed italiana. Inoltre, i prodotti sono strettamente controllati e tracciati, dal seme al prodotto finito.
Il parere del Consiglio Superiore della Sanità del 10 aprile 2018 era stato richiesto proprio da Beatrice Lorenzin quando era Ministro della Salute e raccomandava di vietare la commercializzazione della cannabis light per motivi di salute individuale e pubblica.
Nei cannabis shop non si vendono solo infiorescenze e prodotti con un livello di THC inferiore allo 0,5%., ma anche prodotti di tutti i generi derivati dalla canapa. Focalizzarsi solo sulle infiorescenze senza pensare agli altri centinaia di prodotti che si possono fare con la canapa, sarebbe nocivo per l’emergente mercato italiano della canapa, che negli ultimi anni sta vivendo un boom economico ma è ostacolato da scelte politiche e ideologiche non supportate da fatti.
Sebbene si debba fare chiarezza sulla legge 242/2016, è la legge stessa che è volta alla promozione della filiera della canapa industriale. Nello stesso concetto di filiera è prevista la commercializzazione dei prodotti derivanti la canapa industriale, infiorescenze comprese, anche se la legge 242/2016 non lo riferisce espressamente.