La Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite Penali ha pubblicato le motivazioni della sentenza del 30 maggio sulla commercializzazione della cannabis light e dei prodotti derivati.
Le 19 pagine prodotte dalla Cassazione non aggiungono nulla di nuovo a quanto già detto il 30 maggio. Secondo quanto dichiarato dall’avvocato Carlo Alberto Zaina a Weed World, che ha seguito l’iter in prima persona, le motivazioni non hanno aggiunto nulla di nuovo. “I giudici hanno escluso dalla legge 242/2016 la commercializzazione delle infiorescenze e l’hanno inserita nel DPR 309/90 (Testo Unico sugli stupefacenti, ndr) partendo dal presupposto che sia illecita, salvo che il prodotto commercializzato sia privo di efficacia drogante. Nelle motivazioni hanno aggiunto la frase ‘salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività’. Sia il termine ‘concreto’, sia ‘il principio di offensività’ sono superflui, perché il problema resta sempre quello della efficacia drogante”.
Le motivazioni della cassazione hanno interpretato restrittivamente la legge 242/2016, escludendo dalla legge la possibilità di commercializzazione delle infiorescenze. Infatti, si legge che “la coltivazione della cannabis e la commercializzazione dei prodotti da essa ottenuti, quali foglie, infiorescenze, olio e resina […], in assenza di alcun valore soglia preventivamente individuato dal legislatore penale rispetto alla percentuale di THC, rientrano nell’ambito dell’art. 73, commi 1 e 4, del Testo Unico sugli stupefacenti”.Ma è dal 1989 che la giurisprudenza e la scienza hanno conclamato che il livello di THC dello 0.5% sia la soglia limite per la quale sia assente una efficacia drogante. Ne da conferma anche una circolare del Ministero dell’Interno del 2018, che considerava illecite tutte le sostanze sotto quella soglia.
“Non si può ignorare un criterio che in 30 anni è riconosciuto anche sul piano tossicologico. Si può forse ammettere che su questo criterio si possa operare un controllo quantitativo del THC sulla singola confezione che la tossicologia forense è arrivata ad elaborare il limite dei 10 mg, ma le motivazioni della sentenza producono più confusione di prima” spiega Zaina.
Il caos interpretativo prende le mosse da una legge che necessita di essere chiarificata e nella 242/2016 deve essere introdotta anche la commercializzazione delle infiorescenze di cannabis e dei prodotti da esse derivati. È la stessa Corte ad invitare il legislatore ad intervenire nuovamente sulla materia “così da delineare una diversa regolamentazione del settore che involge la commercializzazione dei derivati della cannabis sativa L., nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali”. Ed è quindi compito della politica chiarire una legge che ha creato un settore nuovo in Italia, che continua a creare posti di lavoro e nuove opportunità, seppur nell’attuale stato di incertezza legislativa.