Si chiama THCP (tetroidrocannabiforolo), è 30 volte più attivo del THC ed è una scoperta tutta italiana.
Lo studio è stato pubblicato il 30 dicembre su Scientific Reports da un gruppo di ricercatori italiani coordinati dal prof. Giuseppe Cannazza dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (UniMore).
Nei test sui topi, il THCP ha causato ipomotilità, analgesia, catalessi e diminuzione della temperatura rettale, indicando un’attività cannabimimetica simile al THC. La presenza di questo nuovo fitocannabinoide potrebbe spiegare le proprietà farmacologiche di alcune varietà di cannabis difficili da spiegare per la presenza del solo THC.
Fino ad oggi, non era stato mai scoperto un fitocannabinoide con più di 5 termini che compongono la catena alchilica, la quale influenza l’attività biologica dei fitocannabinoidi.
Come è stato scoperto il THCP
Tutto è iniziato studiando la canapa industriale. I ricercatori aveva trovato un nuovo fitocannabinoide nella canapa industriale, il cannabidiforolo (CBDP), con una struttura simile al CBD. “Avevamo pensato che ci potesse essere un suo corrispondente, il THCP e, una volta richiesta l’autorizzazione al Ministero della Salute, abbiamo avuto la possibilità di studiare la varietà di cannabis FM2 prodotta dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze”, spiega il dott. Cannazza.
Durante la ricerca sulla FM2, è stato scoperto un fitocannabinoide con la stessa struttura del THC, ma con una catena alchilica a sette termini: il tetraidrocannabiforolo (THCP).
L’obiettivo della ricerca era quello di dare un’impronta molecolare a questo tipo di varietà. I ricercatori hanno lavorato con nuova tecnica, detta metabolomica, cioè lo studio sistematico delle impronte chimiche lasciate da specifici processi cellulari e che permette di individuare un’impronta molecolare del campione biologico. “In questa ricerca ci siamo imbattuti in questo fitocannabinoidde, il THCP” racconta il dott. Cannazza.
Il THCP ha le stesse proprietà del THC, ma potenziate
“Il THCP presenta una coda alchilica più lunga ed è più lipofilo del THC. Inoltre, è 33 volte più affine al ricettore cannabinoide CB1 rispetto al THC. Abbiamo fatto solo uno studio farmacologico, però adesso inizia l’avventura, perché questo è soltanto il primo passo verso questa nuova classe di cannabinoidi”, continua il dott. Cannazza.
Nell’articolo pubblicato dal gruppo di ricercatori italiani, si legge che sia gli studi preliminari in vitro, sia quelli in vivo sul THCP, hanno mostrato un’attività cannabimimetica 30 volte superiore al THC. I risultati biologici infatti, hanno indicato un’affinità tra il THCP e il recettore CB1 30 volte più alto rispetto all’affinità che questo recettore ha con il THC. “Secondo i test sui topi, il THCP è molto più potente del THC, ma sarà necessario capire cosa succede nell’uomo”, spiega il dott. Cannazza.
L’importanza di questa scoperta risiede nel fatto che finora nessuno ha mai cercato questo potente fitocannabinoide. Secondo i ricercatori, questa scoperta potrebbe far luce su diversi effetti farmacologici non attribuibili esclusivamente a THC.
“Il prossimo passo sarà quello di ricercare la concentrazione di questi cannabinoidi in altre varietà di cannabis al fine di scoprire il motivo per il quale alcune varietà con un basso livello di THC hanno proprietà psicotrope estremamente elevate. Ed una risposta potrebbe essere il THCP. Riguardo al CBDP invece, non sappiamo assolutamente nulla al momento”, conclude il dott. Cannazza.
Il gruppo di ricerca tutto italiano
Il gruppo di ricerca coordinati dal dott. Cannazza è formato da Cinzia Citti, Pasquale Linciano, Fabiana Russo, Livio Luongo, Monica Iannotta, Sabatino Maione, Aldo Laganà, Anna Laura Capriotti, Flavio Forni, Maria Angela Vandelli e Giuseppe Gigli.
La scoperta del THCP rientra all’interno di un progetto sulla canapa della durata di 3 anni (2019-2021) e con un budget di 300 mila euro. I fondi sono stati stanziati dall’Unione Europea.
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