In Italia è possibile curarsi con la cannabis terapeutica dal 2006, ma la produzione interna monopolizzata dallo Stato e l’importazione non riescono a soddisfare il fabbisogno dei pazienti.
N.B. Articolo pubblicato sulla rivista cartacea di Weed World Italia del bimestre giugno/luglio 2019. Alcuni dati e situazioni potrebbero essere cambiate.
Gabriele ha 17 anni e da quando ne aveva 4 soffre di encefalopatia epilettica. Vive a Palermo, frequenta la terza media e ama la musica. Anche se non riesce a camminare e a parlare, emette dei vocalizzi che lo aiutano a farsi capire. Sua madre, Monica, si prende cura di lui tutto il giorno. “Le crisi epilettiche di Gabriele sono durate anche quattro ore” racconta.
Nonostante Gabriele assumesse il Fycompa, un medicinale antiepilettico, la patologia era ormai diventata cronica, e Gabriele, farmacoresistente. Monica era venuta a conoscenza dell’uso terapeutico della cannabis grazie ad una sua parente che lavorava in un ospedale e l’aveva consigliata di rivolgersi ad un dottore che prescriveva cannabis terapeutica.
“La prima sera che Gabriele aveva assunto la cannabis terapeutica (sotto forma di olio per via sublinguale, ndr) si era addormentato alle 11 di sera e aveva dormito fino alle 7 di mattina. Fu un miracolo perché Gabriele non era mai riuscito a dormire bene la notte per via della sua patologia. Poi abbiamo iniziato a notare altri miglioramenti.
“Da quando ha iniziato questa terapia, Gabriele riesce ad essere molto più presente con lo sguardo, riesce a muovere sia le braccia che le gambe e ha maggiore controllo del tronco e della testa” racconta Monica.
Dal mese di novembre 2018, Gabriele aveva iniziato a prendere il Bediol, una varietà di cannabis medicinale con un livello medio di THC (6,5%) e CBD (8%). A marzo di quest’anno però, lo aveva sostituito con il Bedrocan (THC 22%, CBD <1%) perché il Bediol non era più disponibile. “Se con il Bediol Gabriele continuava ad avere comunque qualche piccola crisi epilettica la mattina, con il Bedrocan non ne ha più”, spiega Monica. Gabriele prende otto gocce di Bedrocan la mattina e otto la sera.
Monica è sbalordita dai suoi miglioramenti. La sua vita sociale è migliorata perché adesso è più presente con i suoi compagni di scuola. A causa del suo udito sensibile, Gabriele evitava la confusione, ma adesso è lui a cercare le persone e reagisce alle battute di suo padre ridendo. “Io non avevo mai visto ridere Gabriele” racconta Monica.
I miglioramenti di Gabriele però, costano. Monica e suo marito spendono 287 euro al mese tra prescrizione medica e acquisto della cannabis terapeutica. Infatti, la terapia che sta facendo fare dei miglioramenti a Gabriele non è gratuita in Sicilia. “Non riesco a comprendere perché la Regione Sicilia non passi la cannabis terapeutica gratuitamente per la patologia di mio figlio. Ogni volta devo pagare 185 euro per una confezione di olio di cannabis di 100 ml. Avevo chiesto al mio medico curante di prescrivere la terapia per risparmiare quei 102 euro per la ricetta dallo specialista, ma non si è voluto prendere questa responsabilità” racconta Monica. Pur avendo una grave disabilità, Gabriele può accedere alla cannabis terapeutica solo a pagamento.
”A causa della patologia di Gabriele, la Regione ci dovrebbe passare 1200 euro al mese, ma in pratica questo non accade tutti i mesi”, spiega Monica.
Cosa dice la legge sulla cannabis terapeutica
Sebbene in Italia ci sia una legge sulla cannabis terapeutica dal 2006, la sua attuazione pratica non sta procedendo a pieno regime, nonostante i miglioramenti avvenuti negli ultimi anni. Le lunghe attese per ricevere la terapia, la carenza di cannabis e di dottori che la prescrivono, sono le principali problematiche che i pazienti devono affrontare per curarsi., Il percorso legislativo che ha introdotto la cannabis terapeutica in Italia inizia con la Legge Di Bella n.94/98, che regolamentava le formulazioni galeniche magistrali e officinali e ne permetteva la prescrizione.
Successivamente, con l’ordinanza del 18 luglio 2006, era possibile importare dall’estero alcune varietà di cannabis terapeutica come il Bedrocan, Bediol, Bedrobinol, Bedrolite, Bedica e il farmaco Sativex. Ma la svolta per l’utilizzo della cannabis in ambito terapeutico era avvenuta con il decreto ministeriale del 23 gennaio 2013 (il cosiddetto Decreto Balduzzi), che inseriva i medicinali di origine vegetale a base di cannabisnella Tabella II, sezione B del decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990 (DPR 309/90).
Nel 2015, un accordo tra il Ministero della Salute e il Ministero della Difesa, aveva avviato un progetto pilota per produrre cannabis terapeutica presso lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Il Decreto Ministeriale (DM) del 9 novembre 2015 aveva regolato la produzione e l’utilizzo della cannabis terapeutica, individuando le funzioni del Ministero della Salute, le quote di fabbricazione della sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis, le prescrizioni, le garanzie dell’autorizzazione alla fabbricazione della stessa e le patologie per cui è consentito l’uso di prodotti derivati dalla cannabis.
È bene precisare che il DM del 9 novembre 2015 non ha forza di legge. In virtù della Riforma del Titolo V della Costituzione (Legge Costituzionale 3/2001), le regioni hanno la competenza di decidere in materia di salute. Per questo motivo, non tutte le regioni si sono adeguate in modo uniforme al DM del 2015. Ci sono regioni dove la cannabis terapeutica è prescrivibile a pagamento e altre dove è mutuabile solo per determinate patologie.
Per quanto riguarda il suo costo, con il Decreto del 23 Marzo 2017 pubblicato in G.U. 127 del 3 giugno 2017, il prezzo della cannabis, sia quella prodotta in Italia, sia quella importata, è stato fissato a 9 euro al grammo, al quale deve essere aggiunto il prezzo per la lavorazione. Questo ha creato una situazione nella quale la normativa sulla cannabis è diversa da Regione a Regione e i pazienti che ne fanno uso non sono trattati tutti allo stesso modo.
La carenza della cannabis terapeutica
I quantitativi destinati alla distribuzione di cannabis terapeutica non riescono a soddisfare la domanda dei pazienti che ne fanno richiesta. Inoltre, non sono molti i dottori e i farmacisti che hanno una formazione e una preparazione sulla cannabis tale da soddisfare i bisogni dei pazienti che richiedono questo tipo di terapia.
La cannabis può essere utile come terapia per diverse patologie come la fibromialgia, le malattie neurodegenerative, nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV, l’analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore (sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale) e altre patologie.
Prerequisito per usare la cannabis medica è che i trattamenti tradizionali per curare il paziente si siano rivelati inefficaci.
“I pazienti devono provare tutte le terapie a disposizione per una determinata patologia prima di avere l’opportunità di usare la cannabis terapeutica: fa parte della logica di un percorso” spiega il dott. Lorenzo Calvi, Medico Chirurgo, specialista in Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore. “La nostra legge dice che si può prescrivere la cannabis terapeutica per qualunque patologia, qualunque medico può prescriverla e si può trovare in qualunque tipo di farmacia”, racconta il dott. Calvi.
Produzione e importazione
Ad oggi, lo Stabilimento Chimico Farmaceutico militare di Firenze è l’unico produttore italiano di cannabis terapeutica. Coltiva due varietà di cannabis ad uso medico denominate FM2 (THC 5%- 8% e CBD 7,5%-12%, dal 2016) e FM1 (THC 13,0-20,0%; CBD<1%, dal 2018). Oltre la produzione italiana, il Ministero della Salute ha autorizzato a sei aziende grossiste l’importazione delle varietà dell’azienda olandese Bedrocan e nello specifico Bedrocan, Bediol, Bedica, Bedrobinol e Bedrolite. Inoltre, dal 2018, l’azienda canadese Aurora, attraverso la società tedesca Pedanios GmbH, ha vinto una gara pubblica indetta da parte dell’Agenzia industrie della Difesa per l’importazione in Italia di 100 kg della sua varietà di cannabis denominata Pedanios.
Il monopolio di stato della cannabis terapeutica
La vincita di questo bando da parte di una società estera non era stata accolta positivamente da Federcanapa, la federazione della canapa italiana che tutela gli interessi dei coltivatori e dei primi trasformatori di canapa coltivata in Italia. In una lettera indirizzata alla ministra della Salute della XVII Legislatura Beatrice Lorenzin a dicembre 2017, Federcanapa aveva lamentato che nessuno al momento in Italia (escluso lo Stabilimento Chimico Farmaceutico militare di Firenze, ndr) fosse nelle condizioni di partecipare al bando in questione perché privo delle necessarie autorizzazioni non concesse dal ministero. Pertanto, a tutte le aziende agricole o agli imprenditori italiani dei vari settori veniva di fatto negata l’opportunità di sviluppare conoscenze, competenze e attività su questo settore.
La risposta da parte del Ministero della Salute era arrivata dal direttore dell’Ufficio Centrale Stupefacenti Germana Apuzzo, la quale sosteneva che “il prodotto oggetto del bando di importazione è di grado farmaceutico e non proviene da agricoltura tradizionale, ma da coltivazioni indoor. Si tratta di un sistema di coltivazione diverso, che non riguarda la coltivazione di canapa industriale ed i suoi coltivatori”. Una risposta che non aveva soddisfatto la federazione degli agricoltori di canapa, la quale chiedeva invece di dare le autorizzazioni per produrre cannabis terapeutica alle aziende italiane.
Ed è questo uno dei problemi relativi alla somministrazione della cannabis terapeutica in Italia: lo Stato ha creato di fatto un monopolio per la produzione e la distribuzione della cannabis terapeutica, senza dare la possibilità alle filiere italiane di iniziare a produrre per soddisfare il fabbisogno dei pazienti che si curano con la cannabis. Inoltre, la produzione interna affidata allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, non riesce a soddisfare la crescente richiesta dei pazienti. “Lo stato, da controllore è diventato attore della filiera. Da una parte lo stato italiano gestisce la varietà italiana e quella importata dal Canada. Dall’altra, non ha mai voluto concedere a nessuno la produzione di cannabis terapeutica in Italia” spiega il dott. Lorenzo Calvi.
Le ripercussioni sui pazienti
Di fatto, né la produzione interna, né l’importazione dall’estero, riescono a soddisfare la richiesta di cannabis terapeutica. A questo si aggiunge il problema della scarsità dei medici che la prescrivono e l’impossibilità da parte delle farmacie di informare della sua disponibilità. E queste difficoltà hanno gravi ripercussioni sulla salute dei pazienti.
Silvia Barbero, 40 anni, e Giulia, 18 anni, sono madre e figlia. Vivono a Pavia ed entrambe soffrono di una sindrome autoimmune multiorgano. Silvia soffre anche di fibromialgia e da una moltitudine di patologie dovute agli anticorpi che, non riconoscendo virus e batteri, attaccano gli organi. Inoltre, da quest’anno soffre della sindrome da fatica cronica (CFS) che la costringe, a stare a letto la maggior parte della giornata. “Mia figlia ed io abbiamo iniziato a usare cannabis terapeutica 4 anni fa. Io ho trovato le prime informazioni a Barcellona, Spagna. Siamo andati lì perché avevo sentito parlare di una clinica che trattava alcune patologie per il controllo del dolore con CBD e THC. Poi ci siamo informati anche in Italia e con grande riluttanza il mio reumatologo mi ha prescritto la cannabis terapeutica”, racconta Silvia.
Grazie a Silvia, la Regione Lombardia ha messo a carico della Servizio Sanitario Regionale (SSR) la prescrizione, l’allestimento, l’erogazione e la rimborsabilità della cannabis terapeutica. “A febbraio 2018 avevamo finito i soldi per comprare cannabis terapeutica e non sapevamo più dove sbattere la testa. Avevo chiesto aiuto all’ASL di Pavia ma mi avevano detto che non potevano fare nulla. Quando mi sono rivolta alla Regione Lombardia, ho incontrato il dott. Medaglia che mi ha aiutato attuando un decreto per far passare la cannabis terapeutica gratuitamente. Ad agosto 2018 è stato rilasciato un decreto attuativo che ha reso possibile la gratuità della cannabis terapeutica in tutta la Lombardia con la prescrizione di un medico su territorio lombardo appartenente ad una struttura ASL e la fornitura della cannabis terapeutica solo sul territorio lombardo” spiega Silvia.
Nonostante questi passi in avanti, la carenza di cannabis rimane. Sua figlia Giulia assume solo la varietà Pedianos per inalazione, ma negli ultimi mesi sembra essere terminata del tutto e non ci sono notizie di rifornimento. “Non si hanno notizie se il bando sarà rinnovato o meno. Quindi, mia figlia non avrà più questa varietà a disposizione. Non so chi contattare, non so a chi chiedere. Giulia ha la terapia per una settimana, poi le cose si metteranno davvero male, dovrà interrompere l’università e tutto il resto. Io non so cosa fare” racconta Silvia.
I dottori
Ma qual è l’iter da seguire per curarsi con la cannabis? Ci sono due principali attori con il quale il pazientesi deve interfacciare: il medico e il farmacista. Sebbene siano in aumento rispetto gli anni precedenti, i medici italiani che prescrivono cannabis terapeutica sono ancora pochi. Uno dei problemi riguarda la mancata o la scarsa formazione dei medici. Un altro problema riguarda anche la reticenza di alcuni dottori a prescrivere la cannabis per via del tabù sociale che la cannabis si porta con sé e che la equipara solo ad una sostanza stupefacente, senza tenere in considerazione i suoi benefici terapeutici.
Il dott. Marco Bertolotto, direttore del Centro di Terapia del Dolore e Cure Palliative dell’Ospedale Santa Corona di Albenga e Pietra Ligure (SV) e co-fondatore dell’associazione Medical Cannabis, è stato uno dei primi medici ad usare la cannabis terapeutica in Italia. “Ho cominciato a somministrare la cannabis terapeutica utilizzando il THC sintetico, il Nabilone, per curare spasmi muscolari e dolore neuropatico, però dava troppi effetti collaterali. Dal 2015 ho iniziato ad usare le infiorescenze perché è un fitocomplesso completo. Con l’infiorescenza si hanno effetti collaterali minori per via dell’azione del CBD e ha una buona efficacia su varie patologie” spiega il dott. Bertolotto.
Una terapia a base di cannabis non funziona come una terapia con un farmaco. “La cannabis è un fitocomplesso che interagisce con molte parti del nostro organismo, quindi bisogna costruire una terapia su misura. Bisogna cominciare con dei dosaggi e vedere come si comporta il paziente. Dopodiché si può modificare la terapia. Il rapporto medico-paziente diventa molto più stretto. Si ritorna alla medicina come arte e ingegneria. Da una parte, questo è un vantaggio perché il rapporto diventa più umano. Dall’altra, porta via tanto tempo. Oggi però, con la tecnologia riusciamo a seguire tanti pazienti online, utilizzando la telemedicina” racconta il dott. Bertolotto.
“In questo momento, a febbraio 2019, siamo in una condizione di carenza di cannabis, manca già dall’inizio dell’anno. Al momento il governo non ha fatto nulla. Ha fatto grandi proclami ma non è arrivato di più di quello che era arrivato lo scorso. Noi avremmo bisogno almeno di 2 tonnellate all’anno di cannabis terapeutica. La soluzione può essere aumentare la produzione italiana autorizzando le aziende italiane a produrre cannabis terapeutica o aumentare l’importazione” racconta il dott. Bertolotto che segue più di 1800 pazienti sparsi in tutto il territorio nazionale. “Non c’è il rispetto per i malati. Un paziente che usa la cannabis è considerato un paziente di serie B”, spiega Bertolotto.
I farmacisti
Una volta ottenuta una prescrizione dal medico entra in gioco il ruolo del farmacista, fondamentale per quanto riguarda l’approvvigionamento della cannabis terapeutica per il paziente. Ed è lui che si interfaccia con i grossisti e con il Ministero per richiedere la terapia che dovrà lavorare per il paziente.
Uno di questi è il dott. Marco Ternelli, dottore in Farmacia operante nella farmacia galenica Dr. Ternelli a Bibbiano (RE). “Il processo di richiesta di cannabis terapeutica è lo stesso di qualunque altro farmaco stupefacente, come per esempio il Diazepam. Quando il farmacista vuole ordinare la cannabis deve produrre un documento ministeriale in triplice copia. Una sarà inviata all’ASL, una se la terrà il grossista e un’altra spetterà al farmacista per giustificare l’acquisto e la detenzione di cannabis terapeutica. Il farmacista poi, annota su un registro il quantitativo della cannabis, dove è stata acquistata, per cosa è stata usata e a chi è stata somministrata. C’è tutta la tracciabilità della sostanza stupefacente. Il ministero è a conoscenza di tutto il processo di richiesta della cannabis terapeutica” spiega il dott. Ternelli.
l pagamento della cannabis terapeutica avviene mediante un modello di buono acquisto previsto dal DM del 18 dicembre 2006 e ne registra la movimentazione sul registro di entrata/uscita degli stupefacenti in farmacia. Anche il dott. Ternelli conferma la scarsità di cannabis terapeutica in Italia. “La principale criticità della cannabis in Italia è la disponibilità, intesa come insufficiente quantitativo disponibile. Arriva sensibilmente meno di quella che serve”.
L’importazione di cannabis richiede in media cinque settimane. Il fornitore si deve mettere in contatto con il Ministero della Salute italiano, il quale si mette in contatto con l’Ufficio Stupefacenti. È quest’ultimo che fa richiesta della cannabis terapeutica alla sua controparte olandese. Solo dopo il controllo di tutta la documentazione avviene il pagamento e la spedizione della cannabis terapeutica. “Questo iter si rallenta o si ferma durante due periodi dell’anno: dicembre e gennaio, per via delle festività” aggiunge il dott. Marco Ternelli.
I dati del ministero
Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, nel 2018 lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze ha distribuito quasi 147 kg di cannabis terapeutica, mentre nel 2017 aveva distribuito quasi 70 kg. Nei 147 kg di cannabis distribuiti dal Ministero però, dobbiamo includere anche i 100 kg della varietà Pedanios importati dalla società canadese Aurora e che il Ministero stesso distribuisce.
Per quanto riguarda l’importazione invece, i grossisti autorizzati hanno importato quasi 285 kg di cannabis terapeutica nel 2018, 120 kg in più rispetto al 2017. Mentre le ASL italiane hanno importato più di 147 kg di cannabis dall’estero per la somministrazione ospedaliera. La produzione interna e l’importazione nel 2018 hanno messo a disposizione 578 kg di cannabis terapeutica. Ma, stando alle interviste a pazienti, dottori, farmacisti e associazioni, queste quantità non basterebbero a soddisfare il fabbisogno dei pazienti che usano la cannabis terapeutica.
Sia nel 2017, sia nel 2018, i pazienti avevano vissuto nell’incertezza di reperire la loro terapia. Nel 2017, le varietà della società olandese Bedrocan erano carenti o mancavano del tutto perché era stata raggiunto il limite massimo della quota di importazione che il Ministero della Salute aveva prefissato. Per sopperire a questa carenza, nel 2018 il Ministero della Salute aveva indetto un bando per l’importazione di cannabis dall’estero, poi vinto dal produttore canadese Aurora. Ma anche questi lotti sembrano essere terminati.
Le associazioni
Nonostante le difficoltà per curarsi con la cannabis terapeutica, pazienti, dottori e farmacisti si sono uniti e hanno creato una rete di conoscenza e formazione che il Ministero della Salute sembra non abbia saputo fornire. Anche le associazioni di pazienti che si curano con la cannabis terapeutica si sono mobilitate per cambiare la situazione.
Lucia Spiri è fondatrice dell’associazione LapianTiamo, un’organizzazione no profit che facilita l’uso terapeutico della canapa medicinale per ogni paziente affetto da patologia e offre supporto, informazioni e idee utili per affrontare il percorso della malattia. L’associazione, nata nel 2013, aveva piantato dei semi di cannabis davanti a Montecitorio per lanciare una proposta di legge per l’istituzione dei cannabis social club in Italia. Dal 2000 soffre di sclerosi multipla. Anche lei, per arrivare ad usare la cannabis terapeutica ha dovuto usare i farmaci tradizionali che l’hanno fatta diventare farmacoresistente. Racconta che l’associazione è nata dalla volontà di aiutare tanti pazienti che cercavano una prescrizione per iniziare la terapia con la cannabis medica. “Ne abbiamo aiutati tantissimi, specialmente nella provincia di Lecce e siamo arrivati ad aiutare fino a 400 pazienti. Era difficile trovare un medico che, potesse prescrivere cannabis” racconta Lucia.
Anche oggi, la situazione per quanto riguarda l’approvvigionamento di cannabis non è migliorata. “Ci sono sempre stati problemi di approvvigionamento, specialmente in estate e durante le feste di natale” spiega Lucia. LapianTiamo aveva presentato un progetto alla Regione per coltivare la cannabis terapeutica in Puglia, ma il progetto si era arenato per via di una mancata intesa tra l’associazione e la Regione Puglia. “Il nostro progetto prevedeva di coltivare cannabis terapeutica insieme alla Regione, alle università, agli ospedali e alle farmacie. Purtroppo, il progetto non è andato avanti perché era difficile che un’associazione potesse gestire tutto il progetto e secondo la Regione bisognava creare qualcosa che non fosse solo in mano all’associazione dei malati. Le aziende farmaceutiche volevano infilarsi nel progetto e questo a noi non stava bene” spiega Lucia.
Anche Elisabetta Biavati è sul campo per tutelare i pazienti che fanno uso di cannabis terapeutica da molti anni. È la presidente dell’Associazione Pazienti Cannabis Medica (nata ufficialmente nel 2019), una onlus che nasce dall’esperienza del gruppo Facebook Dolore e Canapa Terapeutica aperto 4 anni fa. “Ho aperto questo gruppo su Facebook perché ero diventata farmacoresistente. Su internet trovavo più informazioni sulla cannabis ad uso ricreativo che informazioni sul suo uso terapeutico e quindi avevo bisogno di chiarezza. Ho avuto la possibilità di andare in California e Colorado, ho messo insieme un po’ di informazioni e, questo background ha poi contribuito alla fondazione dell’associazione”. Pur ammettendo che il sistema di accesso alla cannabis terapeutica sia migliorato negli ultimi anni, Elisabetta Biavati lamenta la carenza di cannabis. “In confronto a quattro anni fa, il sistema è migliorato tantissimo. Adesso è molto più facile l’accesso, i costi si sono abbassati. Io prima pagavo 38 euro al grammo, adesso, grazie al decreto della Lorenzin, pago 9 euro al grammo. Tuttavia, c’è di nuovo una mancanza di cannabis a macchia di leopardo. L’anno scorso è stato veramente il caos, siamo stati settimane senza terapia. Io personalmente sono finita in terapia intensiva”, racconta Elisabetta.
“Sono ‘fortunata’ ad essere malata qui in Emilia Romagna perché la cannabis è gratuita e la mia patologia è coperta dalla Regione. Se non avessi un dolore neuropatico ma avessi la fibromialgia che non dà dolore neuropatico, la dovrei pagare. Quindi ci sono pazienti di serie A e pazienti di serie B a seconda del luogo in cui si vive e di quale patologia si soffre. È un’assurdità”. L’associazione di Elisabetta Biavati è stata presente in vari tavoli tecnici in varie regioni italiane al fine di migliorare le condizioni dei pazienti che usano la cannabis come terapia. Uno degli obiettivi infatti è quello della gratuità della terapia a base di cannabis in tutte le regioni attuando l’articolo 18-quater della Legge di Bilancio del 2018. Ad oggi però, non tutte le Regioni hanno legiferato sulla mutabilità della cannabis terapeutica.
La risposta del ministero
In un comunicato del 19 dicembre 2018, il ministro della Salute Giulia Grillo aveva annunciato la svolta per i pazienti in cura con la cannabis terapeutica annunciando un incremento delle importazioni dall’Olanda. “Il 2019 dovrebbe finalmente segnare l’anno della svolta per i pazienti in trattamento – si legge nel comunicato – poiché per la prima volta le disponibilità effettive dovrebbero superare la tonnellata, a fronte dei 350 kg del 2017 e dei circa 600 kg del 2018, rispondendo in maniera più adeguata alle aumentate richieste di prescrizioni mediche. Negli ultimi mesi, le disponibilità di cannabis a uso medico sono cresciute, venendo dunque incontro alle giuste richieste delle associazioni ,dei pazienti, anche se restano difficoltà nella distribuzione su cui vanno fatti ulteriori passi avanti. Mi sono impegnata fin dalle prime settimane del mio insediamento a trovare il modo per rispondere con atti concreti alle esigenze delle persone sofferenti, che dall’uso della cannabis terapeutica traggono effettivo sollievo al dolore cronico”.
Ma quest’anno si stanno verificando gli stessi problemi di approvvigionamento. Alcune associazioni avevano inviato una lettera al Ministero della Salute sollevando questo problema, ma per il Ministero non c’è nessuna carenza di cannabis. L’Ufficio centrale Stupefacenti aveva risposto infatti, che non era arrivata nessuna segnalazione di carenza di cannabis da parte degli ospedali e dai distributori autorizzati dal Ministero. Al tempo stesso però, si è reso disponibile a collaborare con l’associazione per individuare le criticità che impediscono la regolare dispensazione della cannabis terapeutica.
Immagine di copertina: Adam Simpson/universityaffairs.ca
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