Cannabis light o canapa light sono termini che sono diventati popolari sono negli ultimi quattro anni. Andiamo a vedere però cosa si intende per cannabis light.
La cannabis light è l’infiorescenza femmina di una pianta di cannabis con un livello di THC tale da non produrre effetti psicotropi. Il limite di tale livello di THC varia da Paese a Paese. Per esempio, in Svizzera è dell’1%, mentre in Italia la situazione è più complicata. Ecco perché.
La cannabis light in Italia
Il fenomeno della cannabis light int Italia è stato lanciato dalla legge sulla promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, n.242/2016. Seppur non espressamente indicato, la legge ha dato il via ad un nuovo mercato della commercializzazione delle infiorescenze di cannabis con un livello di THC dello 0,2% e mai superiore allo 0.6%. Secondo Coldiretti infatti, la legge sulla canapa ha visto aumentare di dieci volte i terreni coltivati, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4.000 stimati per il 2018 con un giro d’affari di circa 40 milioni di euro.
Tuttavia, la lacuna legislativa della legge sulla canapa infatti, ha creato un caos nel quale migliaia di agricoltori e imprenditori hanno investito in un settore che non è tutelato da una legge chiara. Inoltre, diversi partiti politici hanno si sono opposti a questo nuovo mercato, mettendo sullo stesso piano la cannabis light con quella con un THC superiore allo 0.6%. Tra questi, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Nel 2019 infatti, sono aumentati attacchi politici di stampo proibizionista contro gli imprenditori e i negozianti che vendono cannabis light. Questi ultimi poi, rischiano anche il sequestro dei prodotti, la chiusura dell’attività commerciale e addirittura l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73 del Testo unico sugli stupefacenti.
La sentenza sulla commercializzazione della cannabis light
Il 30 maggio 2019 la Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Penali Unite ha emanato una sentenza sulla commercializzazione della cannabis light. La Corte infatti, era stata chiamata a fare chiarezza sulla liceità della commercializzazione delle infiorescenze della cannabis light e dei prodotti derivati e se la loro vendita rientrasse nell’ambito di applicabilità della legge n. 242/2016, che regola le disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa. Secondo la Cassazione, vendere le infiorescenze della cannabis light e derivati sarebbe illegale, perché non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della legge 242/2016, che ha lo scopo di promuovere la filiera agroindustriale della canapa, a meno che esse siano prive di un effetto drogante.
Dal dover chiarire la legislazione, la sentenza del 30 maggio ha confuso ancora di più la problematica relativa alla commercializzazione delle infiorescenze di cannabis light. Se da una parte ne vieta la commercializzazione, dall’altra la consente purché non abbia un effetto drogante. E la cannabis light non ha un effetto drogante poiché il suo livello di THC è così basso da non produrre effetti psicotropi. Tuttavia, la Cassazione, all’interno delle sue motivazioni, ha invitato il Parlamento a chiarire al più presto la legge e regolamentare la commercializzazione delle infiorescenze di cannabis light.
Quest’ultimo però, non ha ancora modificato la legge sulla canapa per consentire la vendita della cannabis light senza equivoci legislativi.
Attualmente, il settore della cannabis light in Italia vive in uno stato di incertezza legislativa ed economica.
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