La dipendenza dalla cannabis è un tema dibattuto sia in ambito giornalistico che sociale.
Articolo pubblicato sulla rivista cartacea di Weed World Italia del bimestre giugno/luglio 2019.
La dipendenza dalla cannabis è presente nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), il quale identifica 11 sintomi suddivisi in 5 livelli di dipendenza che possono manifestarsi dopo un uso prolungato nel tempo.
L’Istituto nazionale americano sull’abuso delle droghe (NIDA) ha affermato che la dipendenza dai cannabinoidi inizia nel momento in cui una persona non riesce a smettere di assumere cannabis anche quando questa interferisce pesantemente negli aspetti della sua vita.
Ma esiste una vera e propria dipendenza generata solo dalla cannabis?
Weed World Italia ha intervistato il prof. Raffele Lovaste per saperne di più.
Raffaele Lovaste è stato Direttore dei Ser.D. della Provincia Autonoma di Trento dal 1997 al 2015. È stato relatore in numerosi congressi e seminari sul tema delle dipendenze, autore o coautore di oltre 50 lavori scientifici su riviste specializzate e presidente del Centro studi e ricerche consumi e dipendenze (ce.R.co) dal 2012 al 2017. Attualmente è il direttore scientifico dell’Istituto Europeo delle Dipendenze (IEUD), un ente profit specializzato nella cura di vari tipi di dipendenze.
Cosa è la dipendenza da cannabinoidi e come si manifesta ?
La dipendenza da cannabinoidi non è molto diversa da qualsiasi altra forma di dipendenza. Il nostro cervello, quando viene a contatto con qualcosa di nuovo, cerca di difendersi, ma se il contatto persiste nel tempo, si sviluppa un meccanismo di adattamento. Noi abbiamo nel cervello una zona che si chiama nucleo accumbens e in particolare la shell, la parete esterna del nucleo accumbens che, se attivata, genera una sensazione di gratificazione mediata dall’aumento della concentrazione di dopamina (un particolare mediatore chimico). Il nucleo accumbens ha collegamenti con il nucleo ventrale tegmentale e con la corteccia prefrontale. Nella regione prefrontale si costruiscono due momenti essenziali della nostra vita le scelte e le relative motivazioni. La dipendenza viene definita allora una patologia della motivazione e della scelta perché queste funzioni cerebrali sono alterate dal contatto continuativo con la sostanza psicotropa.
C’è una reale differenza tra dipendenza fisica e psichica?
Non esiste la dipendenza psichica e fisica. In realtà il tutto è riconducibile a modificazioni delle connessioni cerebrali e alla concentrazione di specifici mediatori. C’è una grande variabilità individuale legate: alle varie tipologie di sostanze psicotrope, all’assetto genetico dell’individuo e all’ambiente di riferimento.
Ci sono particolari soggetti predisposti ad avere una dipendenza dalla cannabis?
Non c’è un target specifico di persone. Normalmente si rivolgono a noi persone con una storia di uso da molto tempo e/o con una polidipendenza. Per quanto riguarda le persone che hanno sviluppato una dipendenza da cannabinoidi, la motivazione all’uso ed il contesto ambientale di riferimento hanno avuto molta importanza. Non è detto che la dipendenza di per sé sia un fattore negativo nella nostra vita, tutti siamo dipendenti dal cibo o dal sonno ad esempio. La dipendenza, diventa patologica quando focalizziamo troppo la nostra vita su una sostanza o un comportamento. La dipendenza patologica, come abbiamo detto prima è classificata come una malattia del cervello, cronica ad andamento recidivante e, nel dettaglio, è definita una patologia della motivazione e della scelta. La caratteristica della dipendenza è il craving, ovvero un desiderio compulsivo al di fuori della volontà di controllo della persona.
Perché si fa uso di cannabis?
Se una sostanza o un comportamento d’abuso ci producono una gratificazione e noi lo ripetiamo nel tempo siamo sempre più propensi a diventarne dipendenti. Le sostanze stupefacenti, tra cui anche la cannabis, mantengono sempre quello che promettono per questo hanno una grande forza attrattiva.
Qual è il percorso che il paziente segue quando si rivolge a voi?
Normalmente è difficile che venga qualcuno solo con una dipendenza da cannabinoidi, ma normalmente tale dipendenza è associata ad altre sostanze.
La persona è seguita da una équipe di specialisti (medici, psicologi e tecnici della riabilitazione psichiatrica) che cercano di mostrare come possono esserci, nella sua vita, delle scelte alternative. Ovviamente le scelte le deve fare la persona.
Il nostro percorso si divide in tre stadi.
Il primo stadio, intake, serve per capire quale è la domanda esplicita ed implicita del paziente.
Nello stadio successivo, conoscenza, si fa una diagnosi attraverso almeno due colloqui con lo psichiatra e due colloqui con lo psicologo che esegue anche vari test di personalità ed un test sulla la gravità del problema portato.
Finito questo processo di conoscenza si redige una relazione scritta che consegniamo al paziente in cui descriviamo quello che pensiamo di aver capito rispetto al problema. Il tutto viene costruito in un rapporto di fiducia e di collaborazione.
Noi non ci permettiamo mai di giudicare la persona, ma lavoriamo insieme a lui per costruire scelte di vita diverse e più protettive. Gli interventi terapeutici possono essere psicofarmacologici, psicoterapici o di sostegno. Noi riteniamo estremamente importante definire sempre l’obiettivo terapeutico che vogliamo raggiungere prima di iniziare il percorso di trattamento.
Quali sono le maggiori difficoltà di questo percorso?
La condivisione con il paziente del percorso e degli obiettivi di trattamento.
Articolo pubblicato sulla rivista cartacea di Weed World Italia del bimestre giugno/luglio 2019.
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