Cambiamento climatico, energia, economia. Sono tanti i settori in cui la canapa può essere utilizzata. Allora la domanda è: la cannabis può salvare il mondo?
Articolo scritto da Simpa Carter
Articolo pubblicato sulla rivista cartacea di Weed World Italia del bimestre giugno/luglio 2019.
Consumo cannabis da ormai poco più di metà della mia vita e, come molti ingenui adolescenti ai primi esordi, anche io ho sentito e rigurgitato tutti quei fantastici e affascinanti racconti della gente sulla cannabis, senza aver mai realmente cercato di distinguere i fatti dalla finzione. Credevo in ciò che mi piaceva come se fosse una verità assoluta e speravo dentro di me che le storie che non mi piacevano non fossero vere. Tuttavia, man mano che crescevo e maturavo, altrettanto succedeva al mio pensiero e alla mia passione di scoprire la realtà dei fatti.
E dunque, quante di quelle infinite dicerie e voci sulla cannabis della mia gioventù si sono poi rivelate autentiche? Poteva essere che, come l’imperatore della canapa Jack Herer disse una volta: “La canapa sarà il futuro di tutta l’umanità, o non ci sarà un futuro”. La Cannabis avrebbe realmente salvato il mondo oppure era solo un’altra allucinazione? Beh, più passano gli anni e più mi istruisco sull’argomento, più le parole di Jack mi suonano vere.
Mi guardo intorno nel mondo di oggi e vedo problemi senza fine e un’unica soluzione: la totale rilegalizzazione universale e senza restrizioni della cannabis come risorsa industriale. La situazione non è stata mai così chiara e la necessità di una svolta mai così urgente.
Climate Change & Cannabis
Ormai sembra che ogni mese esca un nuovo, allarmante rapporto sulle disastrose conseguenze dei cambiamenti climatici in atto. A ottobre 2018, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) delle Nazioni Unite ha pubblicato il suo ultimo rapporto, dove si sottolineava l’urgenza di un’azione immediata per ridurre il carbonio nell’atmosfera e cercare di prevenire futuri eventi catastrofici a livello globale, come l’innalzamento dei mari, la siccità, le ondate di calore e le alluvioni. Il rapporto sollecitava, inoltre, i Paesi a impegnarsi nel rimboschimento su ampia scala, a promuovere dappertutto i sistemi di trasporto elettrici e a migliorare la tecnologia di cattura del carbonio.
L’IPCC sottolineava la necessità di ridurre del 45% il carbonio nell’atmosfera entro il 2030. Tuttavia, date le attuali limitazioni tecnologiche e l’assenza di volontà politica, è improbabile che questo obiettivo venga raggiunto, a scapito di tutta la vita sulla Terra.
Attualmente la cattura del carbonio a livello tecnologico è piuttosto limitata e adottata nel concreto soltanto dai produttori in ambito industriale, nel tentativo di evitare che i rifiuti generati dalla produzione di energia inquinino le nostre vie aeree. Con l’utilizzo della cannabis, ogni terreno attualmente in disuso potrebbe ospitare una delle forme naturali di cattura del carbonio a crescita più rapida. Durante la sua crescita, la Cannabis assorbe 125 kg di carbonio per tonnellata dall’atmosfera. Si tratta di un materiale utilizzabile per realizzare una qualunque delle decine di migliaia di potenziali applicazioni, che la più versatile delle piante è in grado di offrire come risorsa industriale e commerciale.
Il Farm Bill
Gli Stati Uniti d’America hanno di recente approvato l’Agricultural Improvement Act, noto anche come The Farm Bill 2018, ovvero la legge sul miglioramento dell’agricoltura. Il Farm Bill contiene una disposizione che legalizza di fatto la coltivazione della canapa da parte degli agricoltori in tutti i 50 Stati. La proposta di legge non modifica lo status giuridico della Cannabis Sativa o di qualunque altro materiale, composto o sostanza chimica derivabile. Si tratta di prodotti che continueranno a rimanere nella categoria 1, quella delle droghe più pericolose. Tuttavia, il documento elimina l’opinabile distinzione arbitraria delle sottospecie di canapa dal CSA (Controlled Substances Act, ovvero la legge sulle sostanze controllate) di fatto legalizzandola. La canapa è classificata negli Stati Uniti come varietà di Cannabis con contenuto di THC inferiore allo 0,3%.
Ciò significa che è ora possibile coltivare la canapa legalmente previa autorizzazione del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) in tutto il Paese. Sembra, inoltre, che tale decisione consenta di utilizzare in produzione non solamente il materiale fibroso e i semi, ma anche gli estratti e i concentrati ricavabili da questi. In pratica, questo significa potenzialmente che, poiché il CBD derivato dalla canapa non è classificato negli Stati Uniti, i prodotti a base di CBD derivati dalla canapa ora potrebbero di fatto risultare legali in tutti i 50 Stati. Il tempo ci dirà se i piccoli dettagli della legge verranno chiariti nei prossimi mesi.
I progressi nelle tecnologie basate sulla cannabis e la riscoperta di antiche tecniche ci porta incredibilmente vicini a riuscire a coltivare le piante a modo nostro, senza le innumerevoli conseguenze economiche e ambientali causate dal capitalismo cannibale e dalla criminalizzazione di una delle risorse rinnovabili più importanti e preziose.
Come usare la canapa
E dunque, che cosa possono fare gli Stati Uniti con tutta la canapa che i coltivatori dall’Alabama al Montana coltiveranno a tonnellate? Bene, come saprete la Cannabis è la nostra “pianta da compagnia” più antica. Da decine di migliaia di anni viene utilizzata e analizzata in cerca di nuove modalità di impiego. In tutto questo tempo, abbiamo scoperto proprietà e applicazioni davvero sorprendenti per questa pianta. Dal settore tessile all’immagazzinamento dell’energia, dagli alimenti al carburante, ma anche come sostanza inebriante o erba curativa olistica, la cannabis ha decine di migliaia di utilizzi.
Carta di canapa
La carta di canapa, ad esempio, può essere riciclata il doppio delle volte rispetto alla normale carta di cellulosa. Il settore della carta e della cellulosa rappresenta attualmente il terzo maggiore produttore di inquinamento, in aggiunta a oltre 100 mila tonnellate ogni anno di sottoprodotto nocivo per la nostra aria e acqua. Le diossine industriali inquinanti e cancerogene spesso utilizzate per clorurare la carta di cellulosa bianca sono oggigiorno così diffuse da essere state individuate nel latte materno.
È una situazione analoga a quella delle microplastiche, diventate così onnipresenti che, in qualsiasi momento, l’uomo possiede diverse tipologie di plastica all’interno del corpo. Si tratta di una diretta conseguenza dell’aver consentito a una ristretta cerchia di industriali e governi corrotti di criminalizzare la cannabis e favorire le nuove plastiche a base di petrolio altamente inquinanti e cancerogene rispetto a quelle biodegradabili a base vegetale. Solo nell’oceano si stimano 15 trilioni di tonnellate di frammenti di microplastiche galleggianti. Oggigiorno, ci sono così tanti rifiuti di imballaggi alimentari in plastica, legali in Europa, che nei mangimi per animali in agricoltura si trova lo 0,15% di plastica riciclata . Non sorprende che nelle feci umane si riscontrino in media 8 tipi di plastica diversi.
Queste plastiche a base di petrolio contengono anche la sostanza chiamata Bisfenolo A (BPA) potenzialmente cancerogena e nociva per il sistema ormonale, in grado di replicare gli estrogeni, un tipo di ormoni sessuali. Queste sostanze chimiche hanno dimostrato di poter alterare i livelli endogeni di ormoni della crescita e dello stress nelle piante. Tuttavia, siamo ancora in attesa di una prova conclusiva che dimostri la portata del danno causato all’uomo.
Energia di canapa
Il cambiamento climatico sta provocando lo scioglimento della grande maggioranza delle fonti di acqua dolce, situate al Polo Nord e al Polo Sud. Una volta raggiunto l’oceano, l’acqua acquisisce contenuto salino diventando non potabile ed è contaminata da agenti inquinanti, microplastiche e altre sostanze chimiche industriali, che da decenni immettiamo nel nostro mare. I nanotubi di grafene derivati dalla cannabis potrebbero essere potenzialmente utilizzati negli impianti di desalinizzazione offshore per combattere questo problema. Il processo di trasferimento dell’acqua salata per la trasformazione in acqua potabile, tramite una rete di nanotubi di grafene derivati dalla cannabis, genera elettricità che può essere utilizzata per alimentare l’impianto mediante dei supercondensatori alla canapa. È possibile utilizzare dei nanofogli di carbonio a base di cannabis per aiutare a filtrare gli agenti inquinanti e le microplastiche, generando contemporaneamente acqua pulita potabile ed energia rinnovabile.
I supercondensatori al grafene derivati dalla cannabis non solo rappresentano un’alternativa possibile alle tradizionali batterie a celle, ma si sono rivelati anche più efficienti del grafene a base di carbonio nei test di immagazzinamento dell’energia. Oltretutto, contribuiscono a ridurre l’esigenza di prassi estrattive inquinanti e dannose per l’ambiente, volte a garantire il materiale utilizzato tradizionalmente per realizzare le batterie.
Parlando di energia, come molte altre colture, la cannabis può essere trasformata in biocarburante. L’etanolo da cannabis è all’incirca 5 volte più economico da produrre rispetto alla benzina e molto meno inquinante. I biocarburanti da etanolo di produzione agricola sono un ciclo di carbonio chiuso, a differenza dei sistemi che utilizziamo attualmente, dove si brucia il carbonio fossile di decine di milioni di anni fa, aumentando notevolmente gli attuali livelli di carbonio nella nostra atmosfera. I biocarburanti producono molto meno inquinamento durante la combustione e richiedono una minima variazione rispetto all’attuale tecnologia dei motori, per poter funzionare con molta più efficienza utilizzando solo etanolo da cannabis.
I tessuti a base di canapa
Anche i tessuti sintetici come nylon e poliestere sono derivati dal carbone e dal petrolio e provocano danni significativi all’ambiente. Persino questi potrebbero essere sostituiti dalla canapa, che produce uno dei tessuti più resistenti e a maggior durata nel tempo attualmente disponibili. Inoltre, è CO2-negativa, naturalmente resistente a pesticidi, muffe e luce UV. I tessuti a base di canapa potrebbero sostituire completamente il cotone, per cui attualmente si consuma il 25% di tutti i pesticidi utilizzati ogni anno. La canapa non solo non necessita di pesticidi, ma produce anche una media del 250% in più di fibra rispetto al cotone.
Costruire case con la canapa
In ambito edilizio, viene utilizzata come materiale da costruzione sotto forma di mattoni di canapa, ovvero dei composti di fibra di cannabis sfilacciata ricavata da ramoscelli e steli combinati a calcare polverizzato e acqua, con proprietà ritardanti di fiamma, resistenti a muffe, parassiti e acqua e in grado di catturare il carbonio per 50 anni, una volta induriti completamente. Le case in mattoni di canapa rappresentano un modo duraturo, sostenibile, economico ed ecologico di affrontare la questione epidemica dei senzatetto.
Fitorisanamento
Inoltre, la cannabis desalinizza, disintossica ed elimina dal suolo i metalli pesanti, le sostanze chimiche e persino il materiale irradiato mediante un processo chiamato “fitorisanamento”. Le sue radici penetrano in profondità nella terra aiutando a prevenire l’erosione del terreno e la desertificazione delle nostre precarie terre coltivabili. Queste complesse reti di radici contribuiscono a evitare le esondazioni, assorbendo semplicemente l’acqua in eccesso. Inoltre, favoriscono la formazione di salutari reti di micelio che aiutano a loro volta a proteggere le colonie di api, attratte dall’abbondanza di polline. Piantare la cannabis tra un ciclo di colture agricole e l’altro è anche utile per ripristinare le sostanze nutritive vitali del terreno in modo naturale.
Rilegalizzare la cannabis
La rilegalizzazione universale della cannabis permetterebbe di accedere in modo sicuro e continuo a prodotti puliti a base di cannabis naturale di qualità, contrastando la volontà del mercato nero di commercializzare cannabinoidi sintetici nel tentativo di negare il proibizionismo. Inoltre, costituirebbe un grosso passo in avanti nell’arrestare la creazione di surrogati sempre più pericolosi dei componenti della cannabis da parte delle compagnie farmaceutiche nel vano tentativo di depositare brevetti e speculare sulla natura. Forse si può sostenere che la vita di un individuo sia importante quanto il mondo intero. Prolungare la vita di un genitore che sarebbe altrimenti in fase terminale equivale a salvare il mondo intero agli occhi di un bambino. Nel corso degli ultimi decenni, si sono succeduti una miriade di studi. Oltre 20.000 ricerche accademiche dimostrano la validità, la sicurezza e l’efficacia della Cannabis come trattamento e profilassi per molte malattie, condizioni e disturbi comunemente diffusi.
La Cannabis suscita metacognizione e introspezione in coloro che ne fanno uso. A mio avviso, se i politici consumassero cannabis, le capacità di governance nei rispettivi paesi potrebbe solo migliorare. Immaginiamo, ad esempio, che i politici che frequentano le sale del Parlamento britannico, con i suoi 12 bar e ristoranti sovvenzionati, abbiano la stessa opportunità di consumare cannabis quanto di bere alcolici prima di prendere importanti decisioni politiche.
Infine, personalmente, non ritengo che dovremmo rivolgerci alle stesse persone che ci hanno messo in questo casino per cercare di risolverlo. Il neoliberismo ha avvelenato la nostra aria, inquinato i nostri oceani e vietato il nostro futuro. Non gli interessa salvare il mondo, ma solo perpetuare la prassi di sfruttare e depredare il pianeta mentre la popolazione muore di fame e soffoca con i sottoprodotti della loro avidità.
Conclusione
Quindi, sì, credo che la cannabis possa salvare il mondo ma, senza la mano esperta di coloro che conoscono nel profondo questa pianta, finirà per diventare soltanto un’altra merce priva di cuore e anima, che i pirati delle grandi industrie potranno depredare e monetizzare. Queste aziende si divoreranno a vicenda sul mercato azionario, finché non rimarrà che una manciata di persone a controllare tutto il settore. E intanto le culture e le comunità che hanno sfruttato allo scopo di arricchirsi restano demonizzate, divise e impoverite. E dunque, nonostante siano finiti i giorni degli hippie dai capelli lunghi e dai vestiti batik nei campi assolati a proclamare che la cannabis curerà tutte le malattie dell’uomo, porterà la pace e salverà il mondo intero, le loro idee e quegli stessi concetti rimangono attuali. È ancora custodito nei nostri cuori e nelle nostre menti l’ardore di coloro che hanno trascorso decenni a infiltrarsi silenziosamente nei meandri della cultura, dell’industria, dei media e del governo per diffondere le proprie convinzioni antiproibizioniste. La loro progenie è cresciuta con ideali di inclusione, cooperazione e spirito di squadra e si sta esercitando per diventare l’avanguardia del domani. Con l’inedita capacità di accesso a innumerevoli studi scientifici, ricerche accademiche e la pervasiva presenza di Internet, ogni generazione ha scoperto un pezzetto in più del quadro e ci ha portato più vicino alla stessa consapevolezza che aveva Jack quando scriveva “L’imperatore è nudo. La Cannabis è l’unica cosa che può salvare il mondo”.
Per correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a [email protected]
Articolo pubblicato sul numero 139 dell’edizione inglese di Weed World Magazine. L’articolo è stato anche tradotto, adattato e pubblicato sul primo numero cartaceo di Weed World Italia. Clicca qui per leggere l’articolo in lingua inglese.